(AGI) - Roma, 19 nov. - Crescono invece a vista d'occhio le imprese a conduzione extracomunitaria, che negli ultimi 5 anni sono aumentate del 26,3 per cento (fonte: Unioncamere), nonostante le statistiche non comprendano più i tanti lavoratori neocomunitari provenienti da Romania e Polonia.
Quasi 7mila aziende agricole, per la maggioranza condotte da albanesi, tunisini, serbi e montenegrini, macedoni e marocchini, cui si affianca una quota sull'emerso che nel 2008 sfiora il 13 per cento del totale degli addetti in agricoltura (fonte: Inea). Sono in tutto 90mila i lavoratori dipendenti (di cui 17.000 a tempo indeterminato e 73.000 a tempo determinato), provenienti da Bangladesh, Marocco, India, Albania, Pakistan, Malawi, Tunisia, Sri Lanka. Il 42 per cento sono impiegati nella produzione delle colture arboree e nella raccolta della frutta, il 32 per cento nella raccolta di ortaggi e pomodori, il 13 nell'allevamento, i restanti nell'agriturismo e nella vendita dei prodotti.
Per il presidente di Confagricoltura: "Contro il lavoro sommerso in agricoltura -che in alcune aree del Paese rappresenta ancora una vera propria piaga sociale - possiamo fare molto. A partire da scelte bilaterali in merito a sgravi fiscali e semplificazione. In questo senso è importante la strada avviata con il sistema di pagamento attraverso i voucher, strumenti utilissimi sia per l'emersione del nero a tutela dei lavoratori, sia per le migliaia di imprese agricole in regola. Sugli oneri fiscali - conclude Vecchioni - in Italia l'agricoltura sopporta carichi pesantissimi, e a poco serve il rafforzamento degli ammortizzatori sociali. Servono misure preventive, come da poco approvate in Francia, con esoneri contributivi per rapporti di lavoro agricolo stagionale fino a 110 giornate annue. Che equivale a uno sgravio di costi pari a 220 milioni di euro".
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